domenica 27 gennaio 2013

Festa di Don Bosco



Il giorno 31 gennaio
Festa di Don Bosco.



Al Sacro Cuore di Roma 


Bellissimo!
Leggiamolo insieme... ci fara' del bene.


Festa di Don Bosco.
31 gennaio

Dovremmo avere i calli nelle mani
a forza di salvare le anime!
Giovani… siate oggi persone che hanno fatto propria la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don
Bosco. Tocca a voi far vivere ancora Don Bosco! Tocca a voi fare in modo che Don Bosco possa
girare ancora tra i cortili e nella nostra terra. Tocca a voi donare Gesù ai vostri compagni, nei
vostri paesi, in questo territorio così come farebbe Don Bosco.
La Festa di Don Bosco è la festa della nostra storia salesiana,
è l’occasione per rinnovare il nostro desiderio di seguire Cristo
sull’esempio di Don Bosco. Quest’anno la festa si colloca in un periodo tutto particolare:
siamo nel primo anno del triennio di preparazione al bicentenario della nascita di Don
Bosco.
L’invito della Strenna del Rettor Maggiore è di conoscere e imitare Don Bosco per fare
dei giovani la missione della nostra vita. È un impegno che vale non solo per gli adulti ma
anche per i giovani, chiamati a vivere la carità nella Chiesa mettendosi al servizio di altri
giovani, vivendo davvero lo slogan “giovani per i giovani”. Non è forse vero che Don
Bosco ha fondato la Congregazione salesiana insieme ai giovani? Il 18 dicembre del
1859 c’erano in quella stanza non i preti della zona o i collaboratori adulti ma i giovani.
Prendiamo allora sul serio l’invito di don Pascual Chavez e cerchiamo di conoscere Don
Bosco per imitarlo nella nostra vita. Se vogliamo che il carisma salesiano viva anche oggi e
sia fecondo non dobbiamo attendere la venuta di “chissà chi”. Don Bosco oggi puoi essere
tu, anzi sei tu! I suoi occhi oggi incrociano i tuoi non quelli dell’amico che ti sta accanto: i suoi
occhi incrociano proprio i tuoi! Non cercare lontano da te quello che invece oggi viene
chiesto proprio a te. Se oggi festeggi Don Bosco non è un caso. Oggi il Signore ti invita a
rinnovare il tuo amore per Lui e per la Chiesa seguendo l’esempio di Don Bosco, un santo
non solo da ammirare ma da imitare.
Le letture di questa festa, in particolare il Vangelo del Buon Pastore, testo di riferimento
per quest’anno, ci dicono che Don Bosco va visto e interpretato soprattutto alla luce della
figura del pastore. Il pastore non è un mercenario. Questi fa il suo lavoro per soldi, il buon
pastore per passione, per dedizione ad una causa più grande tanto che se vede venire i lupi
non scappa ma combatte. Il mercenario, invece, fugge perché in fondo non cerca altri che se
stesso. Il Buon Pastore paga di persona, si compromette, patisce per le pecore che gli sono
affidate. Così ha fatto Don Bosco. Così dovremmo fare noi… ma… ci stiamo? …ci stai? Ci
sta sì o no?! Troppe volte la spiritualità salesiana viene vista solo nei suoi aspetti più gioiosi
e troppe volte ritrovarsi tra noi significa solo far festa. È certamente un aspetto molto
importante perché la gioia è il frutto di una vita risorta, ma non dobbiamo dimenticare che il
buon pastore del Vangelo, Gesù, non ha vissuto solo le nozze di Cana ma anche la fatica del
Getsemani, è un buon pastore che non è stato solo sul monte Tabor ma anche sul Calvario.
Imitare Don Bosco buon pastore significa allora ripercorrere i suoi passi nella totalità,
disposti ad amare fino al punto da soffrire per le persone amate, significa desiderare di
spendere la propria vita non per sé ma per gli altri. Insomma… seguire Don Bosco significa
dire, come Giovanni Cagliero, “Io, frate o non frate, sto con Don Bosco”!
La spiritualità salesiana è dono ma anche impegno, è gioia ma anche croce, è amore
ma anche capacità di soffrire per chi si ama. Pensate solo alle lacrime di Don Bosco …
Come quando sul prato Filippi, disperato perché non trova un posto per i suoi ragazzi,
piange per l'incertezza e l'abbandono in cui si trova circa il suo futuro. Piangere per amore.
Non è poesia… è dolore, è amore crocifisso! «Ama finché che non ti fa male», diceva
Madre Teresa di Calcutta.
Don Pascual Chavez ha detto che «questo periodo [triennio di preparazione al
bicentenario della nascita di don Bosco] non vuole essere un nostalgico viaggio nel
passato, ma un impegnativo cammino verso il futuro, sì da arrivare al 2015 avendo fatto
nostra la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco» (Colle don Bosco, 16 agosto
2011).
Giovani… siate oggi persone che hanno fatto propria la mente, il cuore, le mani e i
piedi di Don Bosco. Tocca a voi far vivere ancora Don Bosco! Tocca a voi fare in modo che
Don Bosco possa girare ancora tra i cortili e nella nostra terra. Tocca a voi donare Gesù ai
vostri compagni, nei vostri paesi, in questo territorio così come farebbe Don Bosco.
Vediamo ora cosa significa avere la mente, il cuore, le mani e i piedi di Don Bosco .
La mente di Don Bosco
Avere la mente di Don Bosco significa avere i suoi pensieri, condividere le sue
preoccupazioni, le sue idee… Tu cosa hai per la testa? Cosa gira nella tua mente? Di cosa
sei preoccupato? Sai… quali pensieri aveva Don Bosco buon pastore? L’unico suo
pensiero era di trovare tutti i modi possibili per salvare le anime. Era il suo pallino, il
suo chiodo fisso, non pensava ad altro che a questo. Quello cha ha fatto lo ha fatto per
portare le anime a Gesù Cristo. E tu cosa pensi? Qual è il tuo pensiero fisso? I giovani che
gravitano attorno a Don Bosco sentono loro il pensiero che fu di Don Bosco: portare i
giovani a Gesù. Il papa ha scritto qualche anno fa ai giovani: «Ognuno di voi abbia il
coraggio di promettere allo Spirito Santo di portare un giovane a Gesù Cristo, nel
modo che ritiene migliore, sapendo "rendere conto della speranza che è in lui, con dolcezza"
(cfr 1 Pt 3,15). Ma per raggiungere questo scopo, cari amici, siate santi, siate missionari,
poiché non si può mai separare la santità dalla missione. Non abbiate paura di diventare
santi missionari» (Benedetto XVI, Messaggio per la GMG 2008).
Il cuore di Don Bosco
Avere il cuore di Don Bosco significa fare dell’amore l’arma segreta di ogni
intervento educativo, significa amare come Gesù. Siete fatti per amare: è questa la realtà!
Se è così solo nell’amore troveremo il senso della nostra vita. Come Don Bosco ha vissuto
questo?
Vediamo due fatti…
1. “Un eminente Rettore di un grande istituto portoghese era venuto a Torino per
chiedere consiglio a Don Bosco” ricorda Don Ricaldone. “Giunto alla sua presenza,
espose al santo educatore i suoi quesiti circa il modo di educare gli alunni del suo Istituto.
Don Bosco lo ascoltò con grande attenzione, senza interromperlo mai. Al termine del suo
dire, il Padre Gesuita sintetizzò in una sola domanda ciò che desiderava sapere: «In che
modo riuscirò a educar bene i giovani del mio collegio?» E tacque. Don Bosco, al
Padre che si aspettava forse un lungo discorso, rispose quest’unica parola: «Amandoli!»”.
Ecco il segreto: essere persone che amano.
2. E anche in punto di morte questa fu la preoccupazione di Don Bosco. Ecco un
secondo fatto. Un mese prima della morte, all'imbrunire di una giornata passata in un
penoso dormiveglia, Don Bosco fece chiamare Don Rua e Monsignor Cagliero, due dei
figli più cari, e raccogliendo le poche forze che aveva disse per loro e per tutti i Salesiani:
"Vogliatevi tutti bene come fratelli; amatevi, aiutatevi e sopportatevi a vicenda come
fratelli...". Più tardi, con un filo di voce, aggiunse ancora: "Promettetemi di amarvi con
fratelli". Questo è il cuore di Don Bosco, un cuore che desidera che ci vogliamo bene
davvero, non cn le parole ma con i fatti!
Le mani di Don Bosco
Guardiamo ora alle mani di Don Bosco. Sono le mani di una persona che ha lavorato,
che ha faticato, che non è stata “con le mani in mano”. Una caratteristica della spiritualità
salesiana è il lavoro. Don Bosco è un santo estremamente concreto, un santo che non
crede ad una preghiera che non si esprima nella vita, che non diventi azione, carità fattiva,
che non si traduca in un lavoro incessante per amore di Dio e dei fratelli.
Don Bosco non disgiunse il lavoro dalla preghiera: «Se vi è stato un santo che nei
tempi moderni abbia così meravigliosamente congiunti e impersonati in sé i due elementi
della tradizione benedettina "pregare e lavorare" fu precisamente Don Bosco» (Card. C.
Salotti)». Ma la preghiera non è ciò che più appare in lui, non è la sua divisa. Ciò che al
mondo appare è il lavoro intenso disinteressato. Pio IX stesso disse: «La chiave di questo
magnifico mistero [ndr.: dell’opera salesiana] sta in quell'incessante aspirazione a Dio, in
quella continua preghiera, perché egli identificò a pieno il lavoro e la preghiera».
Ai giovani Don Bosco non permetteva le penitenze; solo a Domenico Savio, a Michele
Magone e a Francesco Besucco permise alcune volte di stare senza pietanza o senza
merenda o di limitarsi nella colazione e solo in certe circostanze. Ai suoi figli non
comanda penitenze disciplinari, ma lavoro, lavoro, lavoro: ecco la mortificazione
salesiana! Avere le mani di Don Bosco significa avere la sua stessa passione per il lavoro!
Un grande salesiano, don Caviglia disse che «chi non vuol lavorare, non è salesiano!».
Dovremmo avere i calli nelle mani a forza di salvare le anime! E sempre don Caviglia
insegnò il segno di croce salesiano. Scrisse: «Vi voglio far un regalo: un nuovo segno di
croce. Fate così: lavoro (porta la mano alla fronte), temperanza (al petto), povertà, bontà,
sacramenti e Maria. È un segreto che nessuno conosce e che nessuno vi darà mai e che io
non vi potrò più dare perché un altro anno non ci sarò più».
I piedi di Don Bosco
Infine guardiamo ai piedi di Don Bosco. Quando un fiume smette di correre diventa una
palude. Così è dell’uomo. Don Bosco non ha smesso di camminare. Se avesse smesso il
mondo salesiano sarebbe diventato una palude, uno stagno… Oggi Don Bosco cammina
con i nostri piedi. Oggi Don Bosco continua a camminare, ad andare lontano, a partire.
Riconoscersi nel carisma salesiano significa essere disposti a partire, significa uscire
dalle mura di casa, guardarsi attorno e andare dove c’è bisogno. Avere i piedi di Don Bosco
significa camminare sempre e instancabilmente cercando coloro che chiedono aiuto.
Ascolta il grido del mondo che chiama te, ascoltalo e parti. Don Bosco è questo che ha
fatto: è partito! E quando non poteva partire lui, mandava i suoi figli. Tra voi avrà questo
coraggio solo chi sogna. I sogni sono le vere gambe che ci portano lontano. I tuoi sogni,
quelli veri, sono uno dei tesori più preziosi che hai. Avere un sogno significa percepire la
vita come missione, come magnifico compito da portare a termine. Ma i sogni
muoiono se li tieni chiusi in un cassetto e non cominci a realizzarli. Per realizzarli serve
partire però, partire innanzitutto dalle proprie sicurezze e dai propri calcoli. E la cosa più
bella sarà scoprire che il tuo sogno e quello di Dio coincidono.





Quello che ti auguro in questa festa è
· di avere sempre più la mente di Don Bosco per pensare alla salvezza delle anime
· di avere sempre più il cuore di Don Bosco per amare sempre e a tutti i costi come
Gesù
· di avere sempre più le mani di Don Bosco per fare in modo che il paradiso cominci
già ora
· di avere sempre più i piedi di Don Bosco per partire e andare lontano ad
annunciare Gesù
Per tutto questo… non aspettare domani.
A Dio bisogna darsi per tempo… oggi.
Domani potrebbe essere troppo tardi…
Buon Festa dell’imitazione di Don Bosco!

Da Don Bosco Lands 2013
 - autore: I.B.