giovedì 29 gennaio 2015

I migranti...quanta sofferenza!



Siamo invitati a pregare per un gravissimo problema che inquieta la Chiesa di Etiopia.
Noi vediamo alla televisione e conosciamo in mille maniere la presenza in Europa di migranti che hanno attraversato il mar Mediterraneo e sono arrivati in Italia  con la speranza di una vita migliore.
Ma quanta sofferenza e quanti insuccessi a causa di questo desiderio. Quante atrocità hanno subito, atrocità e pericoli che noi non conosciamo.

Di loro, delle loro sofferenze e della preoccupazione di fermare con la convinzione i giovani che vorrebbero fuggire dall'Eritrea e dall'Etiopia ci parla un Missionario di quelle regioni. Non faccio il suo nome per non creargli guai dalla malavita che opera in quel settore....

Egli ci manda queste notizie:


...ho avuto l’occasione di parlare con alcuni salesiani etiopi che hanno un familiare o un parente che è scappato dall’Etiopia o dell’Eritrea e ha tentato di raggiungere prima l’Italia e poi il resto dell’Europa. Quello che noi vediamo e che sta succedendo nel Mediterraneo è solo l’ultima parte di un viaggio terrificante che moltissimi giovani da qui stanno tentando. Proprio di questo vorrei raccontarvi.

Si parte da Addis Abeba in Etiopia oppure da Asmara in Eritrea o da alcune grosse città dove si contattano delle persone apposite che ti informano del viaggio e soprattutto del costo. All’inizio ti chiedono 5 o 6 mila euro, che per la gente di qui è una cifra enorme. Quando la cifra è pagata si parte. Dentro un camion si arriva al confine con il Sudan, dove facilmente a piedi si passa il confine e poi di nuovo in camion verso Khartoum. Dalla capitale del Sudan si parte verso il deserto per raggiungere molte volte la Libia, ma anche l‘Egitto. Un viaggio di giorni, trattati come animali, con poca acqua e poco cibo, dove l’unica parola è sopravvivere.
In Libia c’è una specie di prigione ad attendere le persone che vogliono attraversare il Mediterraneo, da cui o si esce prendendo un barcone o si viene uccisi.

L’organizzazione criminale è tutta di origine araba, durante tutto il viaggio è in continuo contatto con persone che vivono nella città di partenza, chiedendo più e più volte altri soldi, attraverso telefoni satellitari. Danno gli ultimatum: entro tre giorni devi pagare questa cifra, se la tua famiglia o i tuoi amici non pagano ti uccidiamo...Se i soldi non arrivano in tempo, proprio al telefono, rompono un braccio o una gamba oppure uccidono la persona che in quel momento è al telefono con i familiari. 
Si sentono cose terribili: rompono le gambe così non puoi camminare e ti abbandonano nel deserto, alcuni vengono uccisi intenzionalmente per prelevale e vendere gli organi interni, prelevano anche gli occhi, rompono una bottiglia e con quella prendono un occhio, e ancora abusi di ogni tipo.
Poche sono le donne che partono dall’Etiopia, ma molte dall’Eritrea, vista la situazione interna...Queste vengono abusate dall’inizio alla fine del viaggio, ecco il perché arrivano sui barconi con bambini e senza un padre, oppure sono incinte o partoriscono in viaggio. Il viaggio per loro è davvero terrificante.
Oltre ad essere il Mediterraneo un cimitero, molto di più è il deserto che c’è tra il Sudan e la Libia, dove ormai migliaia di giovani eritrei e etiopi sono scomparsi. Ormai sono un buon numero i parenti di salesiani etiopi che hanno intrapreso questo viaggio e che poi chiedono un aiuto anche a noi per salvare il fratello o quel parente pagando una notevole somma qui ad Addis Abeba.

Molte organizzazioni si stanno muovendo, soprattutto la chiesa cattolica qui in Etiopia per dissuadere i giovani dal partire, per avvisare dell’enorme pedaggio che si paga per questo terrificante viaggio, non solo in termini di soldi, ma in termini di umanità. Sentendo anche quelli che sono arrivati, qualcuno li ha incontrati a Roma o in giro per l’Europa, tutti vorrebbero non aver mai fatto quel viaggio, mai.

Anche noi, soprattutto quelli nelle case del nord dell’Etiopia siamo attivati per fermare i giovani dall’andare in Europa attraverso questa via, ma il miraggio di un vita più confortevole rispetto a quella che hanno è grandissimo.

Vi chiedo una preghiera per la situazione di tutti questi giovani che rischiano così tanto la vita per venire in Europa perché possano capire e rinunciare, prima di tutto.

Un saluto a tutti gli amici nel ricordo di don Bosco.

Abba...

Don Bosco Padre

Cosa direbbe Don Bosco oggi ai genitori e a chi si prende cura dei piccoli e dei giovani...


Cosi' Papa Francesco ieri:....

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Riprendiamo il cammino di catechesi sulla famiglia. Oggi ci lasciamo guidare dalla parola “padre”. Una parola più di ogni altra cara a noi cristiani, perché è il nome con il quale Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio: padre. Il senso di questo nome ha ricevuto una nuova profondità proprio a partire dal modo in cui Gesù lo usava per rivolgersi a Dio e manifestare il suo speciale rapporto con Lui. Il mistero benedetto dell’intimità di Dio, Padre, Figlio e Spirito, rivelato da Gesù, è il cuore della nostra fede cristiana.
“Padre” è una parola nota a tutti, una parola universale. Essa indica una relazione fondamentale la cui realtà è antica quanto la storia dell’uomo. Oggi, tuttavia, si è arrivati ad affermare che la nostra sarebbe una “società senza padri”. In altri termini, in particolare nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, svanita, rimossa. In un primo momento, la cosa è stata percepita come una liberazione: liberazione dal padre-padrone, dal padre come rappresentante della legge che si impone dall’ esterno, dal padre come censore della felicità dei figli e ostacolo all emancipazione e all’ autonomia dei giovani. Talvolta in alcune case regnava in passato l’autoritarismo, in certi casi addirittura la sopraffazione: genitori che trattavano i figli come servi, non rispettando le esigenze personali della loro crescita; padri che non li aiutavano a intraprendere la loro strada con libertà - ma non è facile educare un figlio in libertà -; padri che non li aiutavano ad assumere le proprie responsabilità per costruire il loro futuro e quello della società.
Questo, certamente, è un atteggiamento non buono; però come spesso avviene, si passa da un estremo all’altro. Il problema dei nostri giorni non sembra essere più tanto la presenza invadente dei padri, quanto piuttosto la loro assenza, la loro latitanza. I padri sono talora così concentrati su se stessi e sul proprio lavoro e alle volte sulle proprie realizzazioni individuali, da dimenticare anche la famiglia. E lasciano soli i piccoli e i giovani. Già da vescovo di Buenos Aires avvertivo il senso di orfanezza che vivono oggi i ragazzi; e spesso domandavo ai papà se giocavano con i loro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perdere tempo con i figli. E la risposta era brutta, nella maggioranza dei casi: “Mah, non posso, perché ho tanto lavoro…”. E il padre era assente da quel figliolo che cresceva, non giocava con lui, no, non perdeva tempo con lui.
Ora, in questo cammino comune di riflessione sulla famiglia, vorrei dire a tutte le comunità cristiane che dobbiamo essere più attenti: l’assenza della figura paterna nella vita dei piccoli e dei giovani produce lacune e ferite che possono essere anche molto gravi. E in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla carenza di amore da parte dei padri. E’ più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani.
Sono orfani in famiglia, perché i papà sono spesso assenti, anche fisicamente, da casa, ma soprattutto perché, quando ci sono, non si comportano da padri, non dialogano con i loro figli, non adempiono il loro compito educativo, non danno ai figli, con il loro esempio accompagnato dalle parole, quei principi, quei valori, quelle regole di vita di cui hanno bisogno come del pane. La qualità educativa della presenza paterna è tanto più necessaria quanto più il papà è costretto dal lavoro a stare lontano da casa. A volte sembra che i papà non sappiano bene quale posto occupare in famiglia e come educare i figli. E allora, nel dubbio, si astengono, si ritirano e trascurano le loro responsabilità, magari rifugiandosi in un improbabile rapporto “alla pari” con i figli. E’ vero che tu devi essere “compagno” di tuo figlio, ma senza dimenticare che tu sei il padre! Se tu ti comporti soltanto come un compagno alla pari del figlio, questo non farà bene al ragazzo.
E questo problema lo vediamo anche nella comunità civile. La comunità civile con le sue istituzioni, ha una certa responsabilità – possiamo dire paterna - verso i giovani, una responsabilità che a volte trascura o esercita male. Anch’essa spesso li lascia orfani e non propone loro una verità di prospettiva. I giovani rimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere, orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che riscaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che li sostengano quotidianamente. Vengono riempiti magari di idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognare divertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; vengono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ricchezze.

E allora farà bene a tutti, ai padri e ai figli, riascoltare la promessa che Gesù ha fatto ai suoi discepoli: «Non vi lascerò orfani» (Gv 14,18). E’ Lui, infatti, la Via da percorrere, il Maestro da ascoltare, la Speranza che il mondo può cambiare, che l’amore vince l’odio, che può esserci un futuro di fraternità e di pace per tutti. Qualcuno di voi potrà dirmi: “Ma Padre, oggi Lei è stato troppo negativo. Ha parlato soltanto dell’assenza dei padri, cosa accade quando i padri non sono vicini ai figli… È vero, ho voluto sottolineare questo, perché mercoledì prossimo proseguirò questa catechesi mettendo in luce la bellezza della paternità. Per questo ho scelto di cominciare dal buio per arrivare alla luce. Che il Signore ci aiuti a capire bene queste cose. Grazie.(da Vatican Va)

Pur aspettando ciò che ci dirà in positivo Papa Francesco, riflettiamo su Don Bosco per accorgerci
 come si comporta un Padre:

Don Bosco
„Împăraţia lui Dumnezeu este ca un grăunte de Muştar,…care este mai mic decât toate seminţele de pe pamânt…”
Isus spune că Împăraţia Cerurilor începe ca o seminţă micuţă.
 Don Bosco a început şi el doar de la ”firimiturile " pentru a trezi setea de Dumnezeu în inimile tinerilor acelora care au fost pierduţi sau în punct de a se pierde.
Firimiturile pe care a folozit-o au fost acestea: a cere dacă ştii cum să fluieri( vedi Bartolomeo Garelli 8 dicembre 1841), a se juca împreună( vedi l’Oratorio ambulate fino all’arrivo a Valdocco) , a învăţa lor o meserie pentru a asigura lor un loc de muncă cinstită( vedi laboratori di artyi e mestirei praticati da lui stesso), a  da posibilitate de studia cu grija( vedi l’inizio della scuola privata in Oratorio), a fi el însuşi  şi a cere veselie: pentru că bucuria este cântecul vieţii înlăuntrul de sine ( vedi Domenico Savio che proclama la funzione santificatrice dell’essere sempre allegri); dar firimiturile sale au fost, mai presus de toate, prezenţa caldă lângă ei, proximitate asiduă ca frate lângă fratele, implicarea cu tineri ca un tată, încrederea nelimitată în ei şi în reuşita lor( vedi la sua presenza e le visite sul lavoro, nonche’ il contratto di lavoro da lui ideato con il datore di lavoro). Oferea privirile încurajatoare, discursuri şi  gesturi primitoare, iertarea gerneroasă,…. realităţii în care tinerii şi copii au putut intui  că ”acolo  era un om atât de mândru de viaţă lor  încât nu vrea niciodată renunţa la reuşită lor şi la maturizarea lor", aşa încât spuneau: ”Mă simt ca trăiesc alături de un om cinstit şi adevărat, un tată” şi: „ Aici mă simt că acasa!”  Tineri chiar  înţelegeau că "Don Bosco nu este o persoană care îţi da îndemnuri şi obiective de viaţa stricate, otrăvite, ci îţi dă hrană solidă, valorile adevărate, idei şi ţinte de valoare pentru o viaţă sănătoasă, ba chiar cu riscul de a suferi mult pentru aceasta, şi pentru fiecare: „ aceasta  el îl face pentru mine-se gândeau-  pentru mine!.. Pentru că el mă iubeşte!”. Si era clar că el consuma viaţa sa, fericit , de zi cu zi, pentru ei.
Dar nu numai acestea au fost acele  lucruri  mici  folosite de Don Bosco pentru a trezi în ei elanul de a trăi viaţa şi pentru a-i duce direct spre sursa vieţii,care este Cristos.Don Bosco folosea, de asemenea,  alte mijloace, chiar mai puternice şi generatoare de dăruire de sine şi de sfântă dragoste arzătoare care anima pe el însuşi.Mijloacele acestea se însoţeau cu rugăciunea.
El a fost un avocat mijlocitor  pentru tinerii şi copiii, mai ales pentru cei în pericol,care îi dedau îngrijorări şi i-au făcut de suferit.
El se rugă pentru tineri.
 Dar,care era rugăciunea lui Don Bosco?”
E întrebare legitimă, împreună cu aceea:”Când se ruga Don Bosco?”
Rugăciunea a lui nu putea fi decât rugăciunea  a educatorului, o rugăciune locuită de voci, de povestiri, de speranţe, de dezamăgiri, de încredere în ei, o rugăciune care, alimentată de o credinţă imensă în Tatăl al vieţii, nu putea să slăbească nici când totul părea să se înrăutăţească la rândul său, sau când totul ar părea probabil pierdut; pentru aceasta se ruga pentru ei mereu, pentru totdeauna, chiar şi când era asediat de tineri! În fiecare moment. (Să ne gândim despre insistenţa sa asupră Euharistiei - Pâine de viaţă – şi deasupră spovadă septimanală, devenit stilul educaţiei şi tradiţia lui Don Bosco pentru toţi Salezienii). Credinţa sa neînfricată a devenit rugăciune neîncetată, mântuitoare "pentru cei săraci tineri ai mei”- cum îi chema el.

Chiar doar pentru că s -a rugat repetat şi mereu, şi pentru ei şi cu ei, a ştiut găsi atunci acele firimituri, acele seminţe "de viaţă", care i-ar fi trezit la viaţă pe tinerii, schimbând pe ei neîncrezători către viata, îndrăgostiţi de viaţă, şi, prin urmare, dispuşi să întâmpine pe Domnul Vieţii( Vedi i giovani Santi modelli ai giovani stessi e il protagonismo a cui muoveva i giovani dell’Oratorio).
Vrei pacea? …Iubeşte şi roagăte!
Vrei să educi pe tinerii şi copii?... Iubeşte pe ei, stă lângă ei… şi roagăte pentru ei şi cu ei!
În familiile, în scoliile, în fiecare loc de formare să învaţăm şi noi regla de reuşită: aceea de a iubi pe tineri şi copii, de a fi lângă ei şi  de a ne rugă pentru ei şi cu ei.
„Împăraţia lui Dumnezeu este ca un grăunte de Muştar,…care este mai mic decât toate seminţele de pe pamânt…dar după ce a fost semânat creşte şi face ramuri mari”…

Nu uităm: să iubim pe tineri, sa ne rugăm pentru ei şi cu ei, să fim lângă ei.

domenica 25 gennaio 2015

“Non si mettono al mondo i figli come fanno i conigli”

“Non si mettono al mondo....come....”



Questa frase me la sentii dire da una signora tanti anni fa. 

E’ una frase popolare che richiama alla mente la saggezza del popolo che riconosce negli atti umani dei valori morali e spirituali altissimi che non hanno nulla a che fare con il mondo irragionevole.
E’ certo che ogni  atto umano e’ tale in quanto ragionevole e responsabile.
E’ allora bello e confortante sentirsi dire dal Papa che la stessa procreazione,  contrariamente alla confusione attuale circa il modo di vedere la vita sessuale,
e’ un atto eminentemente umano e quindi ragionevole e responsabile e che tale deve essere sempre.

Questo ci ricorda il pensiero di Pio XII che in tre discorsi ai medici parla in modo suggestivo su questo argomento ( discorso del 29 settembre 1949, del 19 maggio 1956 e del 12 settembre 1958).


“ Il bambino e’ frutto dell'unione coniugale, quando essa si esprima in tutta la sua pienezza, attraverso la messa in opera (simultanea) delle funzioni organiche, delle emozioni sensibili ad esse collegate , dell’amore spirituale e disinteressato che le anima e dell’intenzione procreatrice...”.

Ma ricorda anche in modo chiaro ciò’ che Papa Paolo VI proclama nell'enciclica Humanae vitae: nella loro decisione procreativa i coniugi sono chiamati a procedere non su supposizioni meramente soggettive e arbitrarie, ma altamente oggettive,
senza egoismo e nel rispetto della legge morale.


         "Perciò l'amore coniugale richiede negli sposi una coscienza della loro missione di «paternità responsabile», sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch'essa esattamente compresa. Essa deve considerarsi sotto diversi aspetti legittimi e tra loro collegati.
In rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l'intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che fanno parte della persona umana.
In rapporto alle tendenze dell'istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse.
In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita.
Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all'ordine morale oggettivo, stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete. L'esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano pienamente i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori.
Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma devono conformare il loro agire all'intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall'insegnamento costante della Chiesa”.


Ringraziamo allora Papa Francesco che in modo immediato e semplice ci ha ricordato questi concetti e valori.