Utopia della
Croce
Una prima faccia
di utopia divina è la presenza e funzione misteriosa del peccato nell'economia
della salvezza. Dio permette e si serve del peccato come di un antefatto della
redenzione, di un terminus a quo della salvezza, di un piedistallo della sua
misericordia, di uno stimolo e coefficiente per la riabilitazione morale del
peccatore. Dio in fondo al peccato semina il germe della redenzione, l’anelito
al perdono, la nostalgia del bene.
"O felix
culpa", è il concetto agostiniano, paolino, evangelico di peccato e
grazia. Dio poteva disporre un ordine in cui tutto fosse grazia senza peccato,
tutto salvezza senza perdizione, tutto bene, ragionevolezza, felicità, libertà,
luce (questa è la nostra utopia, umana, chimerica). No, Egli ha disposto un
ordine in cui in qualche
modo la grazia
scaturisce dal peccato, la salvezza dalla perdizione, la gioia dal dolore, la
libertà dall’abnegazione, la vita dalla morte. ("Salvum facere quod
perierat"), la salvezza dei perduti ecco il disegno meraviglioso, l’utopia
di Dio.
— Una seconda
faccia di questa utopia è che essa non si realizza perfettamente se non con la
morte e dopo la morte. L'utopia degli uomini è di anticipare e abbassare il
paradiso sulla terra; cercare quaggiù una inesistente isola felice, dove ci sia
giustizia,
libertà, gioia,
soluzione dei problemi. E' vana utopia; la salvezza, la libertà, la gioia si
raggiunge solo mediante la morte e il sacrificio di sé. " Perdersi per
salvarsi: ecco l'utopia di Dio. Utopia, anche perché è sospesa al tenue filo della
nostra libertà; noi possiamo infrangere il sogno di salvezza che Dio ha concepito
a nostro riguardo, perché NOI siamo l’utopia (il sogno) di Dio.( E’ in gioco la nostra libertà, come dono straordinario dato all’uomo e che
gli non toglierà mai: nd.r.)
— Una terza
faccia di questa utopia divina è che essa si realizza attraverso gli strumenti
più deboli e stolti. Nelle mani di Dio tutto é
grazia; egli salva ciascuno attraverso la stoltezza
della croce. Uno è la Provvidenza dell’altro. Anche questo fa parte della
sua rneravigliosa utopia.
( D. Quadrio,
commento ad una recita per i giovani carcerati, 23 marzo 1959).