Vergogna per chi tace!....
Arabia Saudita: Raif Badawi, blogger condannato a 10 anni e
1000 frustate
◊ Si condanna a mille frustrate un blogger dissidente
che non ha fatto altro che esercitare il suo diritto alla libertà di espressione.
Il „condannato „ ha fatto
qualcosa di colpevole?...
Ha fatto qualcosa che è assolutamente legittimo: ha
organizzato online un sito, un forum, per una discussione su vari aspetti,
compresa ovviamente la religione. Ha criticato lo zelo con cui la polizia
religiosa persegue comportamenti non conformi, non consentiti; ha detto che le
religioni sono uguali e che è possibile, anche in un Paese governato dalla
legge islamica, professare altre fedi. Non ha fatto nient’altro che esercitare
un diritto fondamentale, esprimendo le sue idee online, creando un dibattito
nel Paese. Questo ha dato fastidio alle autorità.
…..
Sit-in, oggi (15 gennaio), di fronte all'Ambasciata dell'Arabia Saudita a
Roma per chiedere l'annullamento della condanna a 10 anni di carcere e a 1000
frustate inflitta a Raif Badawi, il blogger dissidente giudicato colpevole di
aver offeso l'Islam sul suo forum online "Liberali dell'Arabia
saudita". A organizzare l'appuntamento è
stata Amnesty International Italia, con il supporto della Federazione
nazionale della stampa italiana (Fnsi) e l'associazione per la libertà di
stampa Articolo 21. È previsto che le 1000 frustate siano eseguite con scadenza
settimanale, 50 per volta. Le autorità saudite hanno reso noto che la seconda
serie, dopo quella di venerdì scorso, avverrà domani16 gennaio, in una pubblica
piazza di Gedda. Fausta Speranza ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di
Amnesty Italia:
R. – Il governo di Riad da un lato difende la libertà di
espressione dei giornalisti di Charlie Hebdo massacrati a Parigi ma,
dall’altro, condanna a mille frustrate un blogger dissidente che non ha fatto
altro che esercitare il suo diritto alla libertà di espressione. Lo fa con una
gogna, abbiamo visto la prima serie di frustrate inflitte venerdì scorso e la
seconda rischia di essere inflitta tra poche ore.
D. – Qual è la colpa di questo giovane, che cosa ha detto in
sostanza?
R. – Ha fatto qualcosa che è assolutamente legittimo: ha
organizzato online un sito, un forum, per una discussione su vari aspetti,
compresa ovviamente la religione. Ha criticato lo zelo con cui la polizia
religiosa persegue comportamenti non conformi, non consentiti; ha detto che le
religioni sono uguali e che è possibile, anche in un Paese governato dalla
legge islamica, professare altre fedi. Non ha fatto nient’altro che esercitare
un diritto fondamentale, esprimendo le sue idee online, creando un dibattito
nel Paese. Questo ha dato fastidio alle autorità.
D. – Che cosa sappiamo dell’eco tra la gente in Arabia
Saudita?
R. – Molto poco! L’unica eco che abbiamo constato, dalle
testimonianze oculari, sono le grida “Dio è grande” quando è terminata
l’esecuzione delle 50 frustrate. Ricordo che avvengono in piazza, in luogo
pubblico, alla fine della preghiera del venerdì, di fronte alla moschea della
città di Gedda. E’ come se con quel castigo, quella gogna, le persone intorno
abbiano creduto che quell’uomo fosse stato, in qualche modo, purificato.
D. – Sullo sfondo c’è una situazione più ampia di difficoltà
in tema di diritti umani in Arabia Saudita…
R. – Non c’è dubbio. Pensiamo che l’avvocato di Raif Badawi
si è visto inasprire la condanna da 10 a 15 anni in appello all’inizio di
questa settimana, pensiamo che ci sono leggi antiterrorismo assolutamente vaghe
e formulate in modo da impedire anche l’espressione del dissenso pacifico e poi
pensiamo che ci sono avvocati, attivisti per i diritti umani e organi di monitoraggio
indipendente, che sono falcidiati da arresti e condanne su base mensile…
D. – Che cosa dire del possibile intervento della Comunità
internazionale?
R. – Ci sono state delle proteste abbastanza blande, devo
dire. I governi che hanno rapporti politici, economici e anche militari con
l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti in particolare, hanno espresso una condanna,
però evidentemente non è bastata. Bisogna fare molto di più! Il rischio è
duplice: da un lato, che la pressione dei governi non fermi questa ignobile
pratica delle frustrate, dall’altra che magari ci riesca ma che ci si fermi lì
e che il caso di Raif Badawi finisca nell’oblio. Speriamo che al più presto
siano terminate le frustrate, ma comunque scatterà la condanna a dieci anni di
carcere.
D. – Ma non ci sarebbero sedi internazionali in cui
discutere casi come questi, o comunque le problematiche che ci sono dietro?
R. – Sarebbe certamente possibile se i diritti umani fossero
un argomento di costante attenzione e non un tema da usare quando fa comodo, e
quindi da usare contro il nemico di turno o da dimenticare invece quando si
tratta degli amici di turno. Purtroppo così non è! Il paradosso è che al centro
di questa situazione c’è un Paese che con l’Occidente ha rapporti molto
importanti.