dituttounpoco

Benvenuto a salire
con me il Monte del Signore.

domenica 8 maggio 2011

Muoversi verso giorni di viva speranza.





"Non si puo' star sempre a guardare"...
Nel film, Bravi Italiani ,Sordi, nella voce del protagonista timoroso e opportunista, esclama nel giorno della liberazione contro i nazisti a Roma: "Non si puo' sempre star a guardare!" e ritorna alle armi rischiando la vita per liberare la sua citta'...
Anche noi dobbiamo riprendere il coraggio e gettarci con entusiasmo nel campo della formazione ed educazione dei giovani, che vogliono cambiare in bene. Come...?
Cosi'...:

Nuovi educatori

Educatore padre, fratello ed amico[1]

·          L'efficacia del Sistema Preventivo risiede nella capacità dell'educatore di programmare, attuare, controllare i contenuti del proprio intervento; in altri termini: di sapere esattamente cosa vuole, che cosa fare e cercare. In un certo modo si potrebbe dire che il Sistema Preventivo è l'educatore. L'espressione potrebbe suonare esagerata se non fosse che nella mens di Don Bosco l'educatore è il detentore incontestato dell'intero sistema.
·          Il primo compito dell'educatore è dunque quello di esserci e di non stare fuori del campo dove viene giocata la partita. Se è vero che nell'educando ci sono tutte le disposizioni per realizzare la sua vita piena, è altrettanto vero che, lasciato a se stesso, potrebbe correre il rischio di non attuare tutte o completamente le sue possibilità di crescita.
·          L'educatore sicuro e rassicurante, consapevole del proprio compito e responsabile, autorevole e non autoritario, cerca di instaurare un autentico dialogo e un costruttivo confronto con un giovane. Vitalmente implicato nella relazione educativa, la sua personalità, il suo passato, le sue paure, le sue ansie incidono sulla formazione dell'educando. È la sua persona che educa.
·          Nell'educatore il giovane non cerca più tanto il padre che pensa a tutto in sua vece, l'amico che gli organizza il tempo libero, il fratello che sì interessa della sua crescita, l'adulto che distribuisce ordini, o il sorvegliante che minaccia castighi, ma l'uomo capace di mettersi accanto a lui, più attento alla sua persona che alle esigenze generiche dell'educazione, più disponibile ad offrirgli un contributo positivo allo sviluppo delle sue potenzialità inespresse, che non attento a unicamente neutralizzare gli elementi negativi e controproducenti.

Chi è l’educatore (Il programma decennale della CEI)[2]?

Ogni adulto è chiamato a prendersi cura delle nuove generazioni, e diventa educatore quando ne assume i compiti relativi con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità.
o        L’educatore è un testimone della verità, della bellezza e del bene, cosciente che la propria umanità è insieme ricchezza e limite. Ciò lo rende umile e in continua ricerca. Educa chi è capace di dare ragione della speranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla. La passione educativa è una vocazione, che si manifesta come un’arte sapienziale acquisita nel tempo attraverso un’esperienza maturata alla scuola di altri maestri.
o        L’educatore compie il suo mandato anzitutto attraverso l’autorevolezza della sua persona. Essa rende efficace l’esercizio dell’autorità; è frutto di esperienza e di competenza, ma si acquista soprattutto con la coerenza della vita e con il coinvolgimento personale. Educare è un lavoro complesso e delicato, che non può essere improvvisato o affidato solo alla buona volontà.
o        Il senso di responsabilità si esplica nella serietà con cui si svolge il proprio servizio. Senza regole di comportamento, fatte valere giorno per giorno anche nelle piccole cose, e senza educazione della libertà non si forma la coscienza, non si allena ad affrontare le prove della vita, non si irrobustisce il carattere.
o        Infine, l’educatore si impegna a servire nella gratuità, ricordando che «Dio ama chi dona con gioia» (2Cor 9,7). Nessuno è padrone di ciò che ha ricevuto, ma ne è custode e amministratore, chiamato a edificare un mondo migliore, più umano e più ospitale.

Quali attenzioni o atteggiamenti di fondo deve avere un educatore[3]

·         La ricerca di senso. Il senso è la comprensione delle finalità immediate, a medio termine e soprattutto ultime degli eventi e delle cose. … La maturazione del senso comporta esercizio della ragione, sforzo di esplorazione, atteggiamento di contemplazione e interiorità. … I tempi di maturazione del senso possono essere lunghi. Importante è non rinunciare e non chiudersi di fronte alla prospettiva di ulteriori e più ricche scoperte. La cultura contemporanea è percorsa da correnti che ignorano, quando non negano, ogni senso che trascenda l'esperienza immediata e soggettiva. Porta così ad una visione frammentata della realtà, che rende la persona incapace di padroneggiare i mille eventi del quotidiano, di andare al di là di quello che è epidermico o sensazionale.
·         Apertura alla trascendenza, all'oltre umano, all'accettazione del limite, all'accoglienza del mistero, l’accoglienza del sacro nei suoi aspetti soggettivi e oggettivi, alla riflessione e alla scelta religiosa. Prendere in considerazione la trascendenza vuol dire accettare interrogativi, andare oltre il visibile e il razionale.
·         Una mentalità “etica”, capace di discernere tra il bene e il male e saper orientarsi al bene. Tale cultura è illuminata dalla coscienza morale, centrata sui valori piuttosto che sui mezzi, e assume come punto fondante il primato alla persona.
·         Una determinazione ad agire.Noi adulti diamoci da fare, non cose strepitose, riprendiamoci la nostra responsabilità, con un agire privato e pubblico coerente, riscoprendo ogni giorno quella legge morale che è in noi, riscoprendo ogni giorno quella chiave giusta per declinare i valori morali che hanno accompagnato la nostra crescita, base di ogni vivere civile e democratico: l’onestà, la legalità, la sobrietà, la giustizia, la cittadinanza attiva, la solidarietà, per dirne alcuni”.
·         La progettualità. L'apatia di fronte al senso si tramuta spesso in indifferenza verso il futuro. Senza una visione della storia non appaiono mete appetibili per cui impegnarsi, eccetto quelle che riguardano il benessere individuale. In periodi precedenti le ideologie, con la loro carica utopica, spinsero la progettualità sociale ed essa favorì anche la disposizione personale a coinvolgersi in un progetto storico.
·         Impegno per la solidarietà, in opposizione a quella cultura che porta a centrarsi sull'individuo. Progetti personali generosi possono emergere soltanto lì dove la persona ammette che la sua realizzazione è legata a quella dei suoi simili. La solidarietà è un'aspirazione diffusa che sale dal profondo delle coscienze, dal cuore degli avvenimenti storici e si manifesta sotto forme inedite e quasi inattese. Ma la cultura della solidarietà è spesso trascurata o viene indebolita da forti correnti economiche e culturali. Essa suppone una visione del mondo e della persona che consideri l'interdipendenza come chiave interpretativa dei fenomeni positivi e negativi dell'umanità. (Capacità di leggere la realtà) Niente ha una sua spiegazione esauriente o una soluzione ragionevole se viene considerato in forma isolata. Povertà e ricchezza, denutrizione e spreco sono fenomeni correlati.

Per chiudere credo che ci sia bisogno di educatori, di adulti felici, entusiasti


Don Bosco e la felicità
o        Vicino o lontano io penso sempre a voi. Un solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità.
o        La prima felicità di un fanciullo è sapersi amato
o        Noi facciamo consistere la Santità nello stare sempre allegri e fare sempre e bene il nostro dovere.
o        La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio dopo l'amore.

Così Enzo Bianchi introduce il suo lavoro[4]:
Il santo è l'uomo nuovo, quello che vive secondo il modello lasciato da Gesù Cristo; è l'uomo delle beatitudini; è l'uo­mo spogliatosi dal proprio egoismo, che vive per Dio e per gli altri; è l'uomo trasfigurato. È l'uomo veramente e piena­mente umano.
e chiude il suo libro:
“Nella misura in cui viviamo le beatitudini, infatti, pur con tutti i nostri limiti e i nostri peccati possiamo speri­mentare già qui e ora la felicità: la felicità che consiste nel vivere come Gesù, nel vivere con lui. Come ha !scritto Gregorio di Nissa, «è lui la porzione, ed è lui che ti dona la porzione [...] È lui che ti indica il teso­ro, ed è lui stesso il tesoro per te». È Gesù la nostra beatitudine”

Tornando alla mia esperienza al Ferrante Aporti e tra i giovani, quali messaggi conclusivi


1.       Il messaggio che si può essere felici vivendo la normalità
Quando mi si chiede cosa fare per i ragazzi in carcere, di cosa hanno bisogno:
 «Di tanta normalità, che è quella che cerchiamo di dare a tutti: con le relazioni che vogliamo instaurare, con la garanzia di alcuni diritti che non devono ovviamente venir meno per i detenuti, con la richiesta di impegni quotidiani quando la vita si snoderà un po’ più tranquilla. Questi ragazzi hanno bisogno soprattutto di quotidianità»[5].
È attraverso simili rapporti che si può recuperarli alla società[6]?
«Prima di tutto recuperiamo i ragazzi. Noi li recuperiamo alla società nella misura in cui diamo loro la possibilità che, nonostante quanto hanno fatto, possano crescere ancora. Non buttiamo via la chiave. E’ un vecchio asserto del Cardinal Martini (nelle sue riflessioni su pena e colpa) nessuno va fissato nella sua colpa, fissato nel senso di essere lasciato e stigmatizzato nella colpa. In ognuno bisogna individuare uno spazio: il nostro don Bosco diceva già che quando troviamo in un ragazzo anche un piccolissimo spiraglio, dobbiamo insistere, lavorare su questo spiraglio».

2.      Si può essere felici riscoprendo la gioia del vivere le piccole cose
L’esperienza carceraria mi ha insegnato, che i ragazzi quando vivono fuori da una serie di condizionamenti (il giro di amici, la strada ecc…) riscoprono cose nuove di sé (la voglia di far musica, teatro, di recitare anche William Shakespeare).
Vale sempre quanto don Bosco diceva: “In ogni giovane, anche il più disgraziato, avvi un punto accessibile al bene e dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto”.
A inizio novembre  c’era una ragazza albanese in carcere che è uscita dopo dieci mesi, Ornella, giochicchiava, lavorando alla sua agenda, incollando bigliettini, foto di riviste, ecc, come i bambini di 11-12-13 anni alla scuola media, ma lei ha 18 anni compiuti. Questo è il punto anche educativo: dobbiamo restituire ai ragazzi che passano nei nostri luoghi la capacità e la voglia di riscoprire ancora la gioia delle piccole cose.

Per tutti: un coinvolgimento di cuore

o        "amateli i ragazzi". “Si otterrà di più – leggiamo nella cosiddetta “Lettera sui castighi” – con uno sguardo di carità, con una parola di incoraggiamento che con molti rimproveri" (MB XVI, 444).
o        Amarli vuol dire accettarli come sono, spendere tempo con loro, manifestare voglia e piacere di condividere i loro gusti e i loro temi, dimostrare fiducia nelle loro capacità, e anche tollerare quello che è passeggero e occasionale, perdonare silenziosamente quello che è involontario, frutto di spontaneità o immaturità.
o        Era questo il pensiero di Don Bosco: "Tutti i giovani hanno i loro giorni pericolosi, e voi anche li avete. Guai se non ci studieremo di aiutarli a passarli in fretta e senza rimprovero" (MB XVI, 445).
o        Perché « L’educazione è cosa di cuore, e Dio solo ne è padrone e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e ce ne dà in mano le chiavi ».


Domenico Ricca
Un salesiano che lavora con i giovani in carcere.
Bravo!


[1] Macerata, op. cit.
[2] Conferenza Episcopale Italiana EDUCARE ALLA VITA BUONA DEL VANGELO Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, n. 29
[3] P. Chavez, Venite e vedrete, Strenna 2010, ACG 409
[4] Enzo Bianchi, Le vie della Felicità, Rizzoli Milano 2010
[5] Intervista a Famiglia Cristina Marzo 2001
[6] ibi