dituttounpoco

Benvenuto a salire
con me il Monte del Signore.

sabato 30 luglio 2011

Chi sono io per Dio e chi sono gli altri per me?...

L'uomo si trova in una situazione di incertezza talora sul senso della sua vita, ma la fede in un Dio d'Amore che lo ama con estrema fedelta' e rispetta la sua dignita' di persona libera fino a sopportarne il peccato, basta per ritrovare quel senso che credeva perduto...
" Esiste una ragione ultima per cui vale la pena di vivere, cioe', Dio e il suo amore imperscrutabile".

In fin dei conti ogni uomo custodisce nel suo cuore una tendenza irresistibile: quella di voler amare Dio di cui conserva la somiglianza in se stesso e di cui conserva insistente, ma come in segreto, la percezione e che intuisce confusamente come un Amore  che e' la sua gioia e che lo cerca...

A proposito di questa "tendenza', un grande Santo, San Francesco di Sales, dice nel "Trattato dell'amor di Dio":

"L'inclinazione ad amare Dio sopra tutte le cose, che ab­biamo per natura, non è  per niente che si trova nei nostri cuori: poiché, da parte sua, Dio se ne serve co­me di un appiglio per poterci prendere più soavemente ed attirarci a sé, e così sembra che la divina bontà tenga, in qualche modo, i nostri cuori legati a sé, come uccellini, con una rete per mezzo della quale ci cattura quando piace alla sua misericordia avere pietà di noi. Quanto a noi, ci serve quale indizio e memoria del nostro primo principio e Creatore, al cui amore ci esorta, rammentandoci che ap­parteniamo alla sua divina bontà; come quei cervi al collo dei quali i principi a volte fanno porre dei collari col pro­prio stemma, poi danno ordine di lasciarli andar liberi nel­la foresta;  e cosi' vengono riconosciuti da chi li incontra,  non solo che in precedenza sono stati pre­da del principe, di cui portano lo stemma, ma anche che gli appartengono ancora. Fu così infatti che si seppe della incredibile vecchiaia di un cervo incontrato, secondo l'affermazione di alcuni storici, trecento anni dopo la morte di Cesare; portava un collare che ne recava il mot­to: Cesare mi ha lasciato libero.
Senza dubbio, la nobile inclinazione che Dio ha messo in noi, fa sapere ai nostri amici e ai nostri nemici che non soltanto siamo stati in passato di proprietà del nostro Creatore, ma che ancora, benché ci abbia sciolti e lasciati liberi in balia del nostro libero arbitrio, siamo sempre sua proprietà e si è riservato il diritto di riprenderci per sal­varci quando la sua santa e dolce provvidenza lo deciderà. Ecco perché il Salmo 4 chiama questa inclinazio­ne non soltanto luce, perché ci fa vedere verso che cosa dobbiamo tendere, ma anche gioia ed allegria, perché ci consola nello smarrimento dandoci la speranza che colui che ci ha lasciato l'impronta e il segno della nostra origine, voglia ancora e desideri ricondurci e riprenderci, se siamo veramente tanto avveduti da lasciarci riconquistare dalla sua divina bontà."
Ed ecco perche' nella scoperta di cosi' delicato amore ritroviamo il senso della nostra vita ed il valore del nostro prossimo. Viviamo per conoscere, amare Dio e, dopo aver riscoperto il suo amore soffrendo, per goderlo  nella gioia del Paradiso.
Ma in queasta verita' e nel pensiero di San Francesco di Sales i Salesiani di Don Bosco ritrovano la sorgente della loro spiritualita' che faceva dire a San Domenico Savio: "Noi facciamo consistere la santita' nello stare sempre allegri!"
E' l'allegria, la "luce" e "gioia ed allegria" di cui parla San Francesco di Sales, l'inclinazione di amare Dio che fa si' che non si cerchi la propria soddisfazione al di fuori di cio' che realmente soddifa: l'amore di Dio, il compiere la Sua Volonta'...